La scelta della specie animale (ovini, anziché caprini, bovini o equini) risponde, di fatto, all’esigenza di avere animali rustici, adatti a un ambiente difficile e acclive, con scarsità d’acqua, basso valore foraggero dell’erba ed elevata rocciosità superficiale, in cui i periodi di utilizzazione sono vincolati da esigenze naturalistiche e limitati a mesi in genere meno favorevoli ad altre specie animali date le condizioni ambientali (a es. febbraio e novembre).
Sebbene anche i caprini possano rispondere a tali esigenze ed essere anche maggiormente efficaci per il contenimento degli arbusti, saranno comunque acquistati ovini, in quanto più controllabili nel pascolamento e a minore impatto potenziale nei confronti di altre componenti dell’habitat, tra cui alcune specie che devono essere tutelate (a es. Juniperus oxycedrus); l’area non si presterebbe peraltro all’allevamento di capre da latte per la mancanza di strutture, imponendo un tipo di gestione più restrittivo per le potenziali aziende. È noto inoltre che in passato queste superficie erano soprattutto utilizzate con ovini e per questo, nonostante l’abbandono, il pascolamento ovino dovrebbe essere maggiormente tollerato nel complesso dalle comunità vegetali. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato l’efficacia degli ovini nella dispersione di semi tra diverse aree di pascolamento, anche spazialmente isolate, con possibili positivi effetti in termini di conservazione.
Il gregge sarà tendenzialmente composto da capi giovani, per dare maggiore continuità all’azione; sarà inoltre prevista una quota di rimonta utile alla rinnovazione del gregge nel corso del tempo e all’autofinanziamento dei costi di gestione. Per quanto riguarda la razza, si opterà per razze rustiche e adatte al pascolamento di aree marginali.
Nell'ambito del progetto LIFE Xero-grazing è previsto l' acquisto per parte del' Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Cozie di 150 ovini per la costituzione di un gregge di servizio per il pascolamento dell’area da conservare.
L’obiettivo è costituire un gregge di servizio funzionale alla gestione conservativa di lungo periodo dell’area di habitat 6210* oggetto di interventi, nonché possibilmente di altre aree di habitat 6210* entro e fuori i confini del SIC, nell’ottica di un progressivo ampliamento delle superfici poste concretamente a gestione con il progetto.
Il progetto può essere considerato una dimostrazione pratica della possibilità di instaurare una gestione conservativa sul lungo periodo anche in un’area marginale montana, di interesse produttivo pressoché nullo, ma di elevatissimo pregio naturale. Grazie al progetto gli enti territoriali potranno dotarsi di parte degli elementi necessari alla gestione, dal punto di vista metodologico, nonché dal punto di vista pratico. L’acquisto di un gregge di servizio da parte dell’Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Cozie, per impiegarlo sul territorio di competenza, è inoltre innovativo almeno nel contesto regionale e potrebbe divenire in futuro un esempio per altre realtà.
Nel SIC si segnalano le seguenti problematiche e minacce per la conservazione dell’habitat 6210*:
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Abbandono: Le tradizionali attività agro-pastorali che in passato avevano consentito la conservazione di molti ambienti di prateria del SIC, sono state interessate negli ultimi decenni da una progressiva riduzione in frequenza e intensità. Il sempre più esiguo numero di aziende stanziali, da un lato, e l’esclusione dell’area dagli storici percorsi di transumanza delle greggi ovine, dall’altro, hanno contemporaneamente contribuito a determinare un diffuso abbandono dell’area, che ha di conseguenza innescato variazioni della composizione floristica delle praterie, con progressivo incremento di Brachypodium rupestre, invasione di arbusti e, sul lungo periodo, successione a formazioni forestali chiuse a Quercus pubescens. L’invasione arbustiva, in particolare, è attualmente considerata la più frequente causa di cambiamenti rilevata negli habitat 6210*, nonché un’acuta minaccia per il conseguente declino, sul lungo periodo, della ricchezza specifica delle praterie e del numero di orchidee.
Con il progetto si intende realizzare una serie di azioni atte a recuperare parte delle praterie abbandonate ormai interessate da invasioni arbustive e arboree, e a implementare una gestione pastorale sostenibile, durevole e condivisa nell’area.
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Incendi: La Bassa Valle di Susa è ritenuta ad alto rischio di incendio. Nel SIC il rischio appare peraltro accentuato dall’elevata quantità di fitomassa secca al suolo e dalla diffusa invasione arbustiva, conseguenze dell’assenza di utilizzazioni agro-pastorali. I cambiamenti d’uso del suolo e, in particolare, l’abbandono, sono infatti ritenuti responsabili dell’aumento del rischio di incendio a seguito dell’aumento di biomassa combustibile nelle aree interessate. Il fuoco è ritenuto una minaccia tipica per l’habitat 6210* nelle regioni mediterranee, in particolare in quanto possibile causa di variazioni della composizione floristica e di erosione del suolo. L’invasione di specie pirofite postincendio (a es. Brachypodium rupestre) può infatti determinare importanti perdite di biodiversità laddove esse divengono dominanti.
Il progetto, reintroducendo una gestione pastorale duratura dell’area, può essere considerato un utile strumento di prevenzione locale degli incendi. La ripresa delle utilizzazioni nelle aree montane è infatti considerata una misura in grado di diminuire efficacemente la biomassa combustibile al suolo e, con essa, il rischio di incendio. Similmente al pascolamento, anche il decespugliamento può essere considerato utile a tal fine.
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Accesso non autorizzato di motoveicoli: su alcune aree del SIC sussiste un problema di degrado della viabilità di servizio ai settori di intervento e di alcune aree a prateria limitrofe, determinato dall'accesso non autorizzato con motoveicoli.
Il progetto mira a un ripristino delle aree degradate, a protezione dell’habitat e a servizio pastorale, e vigilanza da parte del personale dell’Ente di gestione.
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Cambiamenti della destinazione d’uso del suolo: i cambiamenti d’uso del suolo sono considerati una tipica e diffusa minaccia per la conservazione di qualsiasi habitat, potendo portare alla loro degradazione, distruzione e/o frammentazione e alla scomparsa delle specie animali e vegetali correlate. Nel SIC le possibili minacce per l’habitat 6210* possono tuttavia essere considerate minime, sia per la tipologia di area, sia per la politica territoriale.
I beneficiari propongono una gestione conservativa di lungo periodo su alcune superfici rappresentative dell’habitat di proprietà pubblica. Per le proprietà private, i beneficiari intendono invitare, attraverso le azioni di divulgazione, i proprietari e gli aventi diritto a tutelare l’habitat e possibilmente a consorziarsi per la futura gestione.
La comunità vegetale costituente l’habitat è caratterizzata da un’elevata biodiversità, in cui vi è una importante presenza di specie calcicole, ed è considerata prioritaria quando sono presenti anche specie di orchidee, fatto che si verifica nell’area in oggetto.
Nell’area di intervento sono state censite 29 differenti specie di orchidee, delle quali il 60% (17 specie) strettamente legate agli ambienti aperti della classe Festuco-Brometea: Anacamptis pyramidalis, Dactylorhiza sambucina, Gymnadenia conopsea, Gymnadenia onoratissima, Ophryd fuciflora, Ophrys apifera, Ophrys insectifera, Orchis coriophora, Orchis macula, Orchis militaris, Orchis morio, Orchis papilionacea, Orchis purpurea, Orchis tridentata, Orchis ustolata, Spiranthes spiralis, Traunsteinera globosa. Le orchidee qui menzionate presentano un ciclo riproduttivo primaverile-estivo (fioritura da aprile a agosto), a eccezione di Spiranthes spiralis a fioritura autunnale.
Altra particolarità floristica molto interessante dell’habitat 6210* nel SIC è la presenza di specie mediterranee, che sulle Alpi presentano un’areale spesso frammentario e relittuale a causa del clima attuale e delle glaciazioni che in passato hanno selezionato sulle Alpi una propria flora. Le specie di origine mediterranea possono essere suddivise instenomediterranee (mediterranee in senso stretto), poco rappresentate in Piemonte in quanto proprie di aree costiere, e in eurimediterranee, che raggiungono anche le aree più interne del territorio. Queste ultime interessano gli ambienti con vegetazione di tipo submediterraneo.
Fra le specie eurimediterranee vale la pena citare Juniperus oxycedrus, presente in Piemonte solo nell’area del SIC, Cotinus coggygria e Colutea arborescens, rare sulle Alpi (la prima in particolare) e localizzate nelle vallate a clima continentale. Numerose sono le specie eurimediterranee erbacee caratteristiche della classe Festuco-Brometea e unità subordinate, tra le quali Eryngium campestre, Koeleria vallesiana, Lactuca perennis, Petrorhagia saxifraga, Linaria simplex (annuale), Minuartia fastigiata (annuale), Odontites lutea (annuale), ecc. Tra le eurimediterranee si ricorda ancora Leuzea conifera, molto rara e localizzata sulle Alpi.
Numerose ed estremamente interessanti sono alcune specie stenomediterranee, i cui areali disgiunti interessano le aree del SIC, rilevabili all’interno dell’habitat 6210*: Asterolinum linum-stellatum (annuale), Euphorbia sulcata (annuale), Linum strictum (annuale), Coronilla minima, Linum suffruticosum, Plantago cynops, Ononis minutissima e Fumana ericoides. Tra queste, Euphorbia sulcata è considerata specie Vulnerabile secondo la normativa IUCN.
Dal punto di vista normativo, tra le specie presenti nell’area d’intervento, la Legge Regionale 32/82 pone ancora sotto protezione assoluta: Orchidaceae in generale, Alyssoides utriculata, Brassica repanda, Echinops ritro, Euphorbia sulcata, Juniperus oxycedrus e Pulsatilla halleri.